Vita di Goethe by Italo Alighiero Chiusano

Vita di Goethe by Italo Alighiero Chiusano

autore:Italo Alighiero Chiusano [Chiusano, Italo Alighiero]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


16. Rivoluzione in casa e nel mondo

Goethe rientra a Weimar, la sera del 18 giugno 1788, verso le dieci, con la luna piena. I suoi sentimenti, non c’è barba di biografo che possa presumere d’indovinarli. La cosa piú probabile è che ci fosse, in lui, un bel miscuglio: gioia, nostalgia, trepidazione, rimpianto, fastidio, forse paura. L’anno prima, per il suo compleanno, Knebel, che abitava provvisoriamente in casa sua, aveva organizzato una bella festa, con luminaria e monumentino commemorativo. Ora l’uomo illustre, il caro amico è ritornato, e la buona società di Weimar lo viene a vedere, a sentire (le cose che racconta sull’Italia!), a ossequiare. Ma ben presto risulta chiaro che né Goethe né l’ambiente weimariano sono piú quelli di una volta. Goethe, anni dopo, ne moverà accusa agli amici. Era rientrato «dall’Italia tuttaforme nell’informe Germania», da un clima di paradiso a un maltempo quasi continuo: «Gli amici» continua «invece di consolarmi, invece di riattirarmi a sé, mi portarono alla disperazione. Il mio entusiasmo per cose lontane e ch’essi quasi non conoscevano, i miei dolori, il mio rimpianto per ciò che avevo perduto parvero offenderli. Non sentii in loro alcuna partecipazione, nessuno intendeva il mio linguaggio». Ancora molti anni dopo, ricordando quei tempi, Goethe potrà scrivere: «Non si può immaginare nessuno piú isolato di quanto io fossi allora; e lo rimasi per lungo tempo».

Inizia, o riprende, da quella seconda metà del 1788, una serie di giudizi negativi o molto problematici su Goethe. Per Caroline Herder, Goethe è «un camaleonte», che «non vuole essere assolutamente piú nulla per i suoi amici» e che «non è piú adatto a Weimar». Herder dice che Goethe «considera anche i suoi amici… come un semplice pezzo di carta sul quale scrivere» e, recatosi in Italia, presso i conoscenti romani di lui, parla con disprezzo di quella gente «rozza, anche se buona» e degli effetti che avrebbero esercitato su di lui, che ci era vissuto in mezzo «come un bambino». Lo scrittore Huber, pochi anni piú tardi, dirà: «Non credo piú che in Goethe ci sia dell’entusiasmo per un fine superiore», scorge ormai in lui, maturata dall’Italia, «una saggia sensualità» e pretenderà di vederne le tracce persino nel volto di lui, che avrebbe ormai qualcosa di «sensuale e di flaccido». Ma la caratterizzazione piú acuta e interessante è quella di Schiller, che fa la sua conoscenza nel settembre di quello stesso 1788, dichiarando subito che i loro «modi di pensare sembrano essenzialmente diversi» ed esprimendo il dubbio che un avvicinamento tra loro sia mai possibile. Per Schiller (lettera all’amico Körner del 2 febbraio 1789) «Goethe è un egoista in misura eccezionale». Sa, certo, legare a sé gli amici, affascinarli, «però sapendo mantenersi sempre libero». Tutta la sua vita è «programmata sul piú alto godimento dell’amore di sé». Schiller confessa apertissimamente il suo amore e il suo odio, la sua ammirazione e il suo disprezzo; anzi fa trasparire un sottofondo erotico non indifferente quando dice: «Lo considero come una donna fiera e ritrosa, cui bisogna far fare



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